“Giro di vite” di Henry James: recensione

Titolo: Giro di vite
Autore: Henry James
Casa editrice: Nua Edizioni
Pagine: 145

C’era stato un momento in cui mi ero convinta di aver udito, sommesso e distante, il pianto di un bambino, e un altro in cui mi ero sorpresa a sussultare avvertendo un leggero rumore di passi fuori dalla mia porta. Ma quelle fantasie non erano abbastanza forti da non poter essere fugate, ed è solo alla luce – o forse dovrei dire all’oscurità – degli avvenimenti che seguirono, che ora mi tornano in mente.

A vent’anni appena compiuti, decidere di raggiungere Londra per assicurarsi l’impiego di istitutrice sembra essere davvero un grande passo che mette la protagonista di fronte ad incertezze e timori. Vissuta da sempre in campagna, lontana dai grandi problemi, prendersi cura dell’istruzione di due fanciulli è una grossa responsabilità.

L’inserzionista dell’annuncio ritrovato non è che lo zio dei due bambini, Miles e Flora. Un vero gentiluomo scapolo che sin da subito appare poco incline alla pazienza. Ecco perché la decisione, dopo aver accettato la tutela dei due nipotini con la morte dei loro genitori, di mandarli al Bly, la residenza di campagna, sotto la tutela responsabile della signora Grose. E dopo la dipartita della prima istitutrice, di mandare Miles al collegio.

Con l’accettazione del lavoro, il caro zio, afferma espressamente la sua voglia di tirarsi fuori dai problemi e l’assoluta indifferenza sugli aggiornamenti. La prega di non prendersi assolutamente la libera decisione di disturbarlo in qualunque caso.

Prima ancora di raggiungere la residenza, l’istitutrice dubita sulla sua scelta, crede di aver commesso davvero un errore, ma ogni pensiero negativo sfuma alla vista della piccola Flora. La bambina è dolcissima, intelligente e prudente. La signora Grose disponibile e accogliente.

Tra le tre si instaura un rapporto di fiducia, di stabilità e spensieratezza. I pensieri turbolenti ritornano nella mente dell’istitutrice quando riceve una lettera da parte del collegio: Miles è stato espulso. La notizia comincia a sconvolgerla internamente, a riempirla di domande, ma quando accoglie il bambino nella dimora si accorge di come anche lui sia gentile, educato, spontaneo e gioviale. Un vero e proprio gentiluomo, tanto da spostare in un angolo ogni suo dubbio.

Io ero uno schermo…dovevo pormi dinanzi a loro. Più avrei visto io, meno avrebbero visto loro. Cominciai a sorvegliarli con un’ansia nascosta, una frenesia dissimulata ce, se si fosse protratta a lungo, avrebbe potuto tramutarsi in qualcosa di simile alla pazzia.

L’istitutrice, però, si accorge pian piano, di come non sia davvero partecipe nella vita o nei giochi di quei fanciulli. Come lasciata all’angolo, qualcosa utilizzato nei giochi che non deve avere vita. Come se ogni azione dei bambini debba essere finalizzata alla sua distrazione per avere via libera e allontanarla dall’oscura verità.

 Quella verità che si presenta con una figura terribile sulla torre della dimora. Un uomo inquietante, qualcuno che sembra non essere ignorato dai bambini e a cui la signora Grose, dopo una descrizione da lei fornita, affibbia il nome di Peter Quint, il valletto del padrone morto in circostanze misteriose.

Le apparizioni si susseguono in uno scenario ansioso e incalzante. Qualcuno minaccia la vita dei bambini e l’unica decisione che riesce a prendere è quella di prendersi cura di loro, di proteggerli dal male che è celato dentro le mura della dimora.


Ho trovato “Giro di vite” un libro difficile da spiegare fino in fondo. Ha lasciato in me sentimenti contrastanti. Come la voglia di capire del perché delle apparizioni, del perché così tanto legate a quei bambini che appaiono speciali e innocui ma che nascondono dentro un’oscurità profonda. Come, a tratti, la noia di leggere alcune parti ripetitive da farmi sbuffare. Come la confusione di non riuscire a trovare delle giuste risposte alle domande che nascono spontanee di pagina in pagina. E, in conclusione, come la curiosità di quella sottigliezza che divide la realtà con qualcosa di irreale.

E’ un libro da leggere sin sotto le righe, senza correre troppo, soffermandosi su ogni tratto per coglierne le sfaccettature e l’essenza della narrazione.

Ben delineati sono i sentimenti contrastanti che affiorano nell’istitutrice, che si trova di fronte a qualcosa di illogico e di irreale. Ma come protagonista non mi ha suscitato molta empatia, più volte le sue decisioni mi hanno fatto storcere il naso.

Ho apprezzato, invece, i tratti descrittivi dell’ambiente che circondano i personaggi, capaci di lasciare quella sensazione di ansia, di oppressione, di oscurità.

Ringrazio la casa editrice Nua Edizioni per l’invio della copia cartacea.


204 letture

Valutazione

3.4

Trama

3.5/5

Personaggi

3.0/5

Stile

3.0/5

Copertina

4.0/5
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3

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