“Il capofamiglia” di Ivy Compton-Burnett: recensione

Titolo: Il capofamiglia
Titolo originale: A house and its head
Casa editrice: Fazi Editore
Collana: Le strade
Pagine: 348
Anno: 2020

“Si dice che il dolore riavvicini le famiglie”, disse Nance. “Ma a quanto pare per noi non funziona. Vi dirò che i lati positivi del dolore continuano a sfuggirmi.”

La famiglia Edgeworth è in grado di sfornare novità discutibili in maniera repentina e la cerchia delle amicizie così legata ai componenti lo sa per certo, nonostante continui a stupirsi.

E’ il 1885, siamo in Inghilterra e la famiglia Edgeworth è richiamata a sistemarsi attorno la tavola per la imminente colazione natalizia, pronti a citare ciò di cui si è lieti durante questa grande ed importante festività.

Sin da subito, tra i componenti, nasce una conversazione apparentemente pacifica, ma che mal cela acredini e frasi buttate fuori per circostanza o per pungolare con irriverenza.

Tra la famiglia si innalza con austerità, severità e compostezza la figura di Duncan Edgeworth, capostipite e padre non avvezzo a smancerie, incapace di esprimere a parole i propri sentimenti. Una persona di grande valore su cui attorno gravitano Ellen, la moglie remissiva. Nance, la primogenita che con sarcasmo tiene testa alle imposizioni del padre. L’affettuosa Sibyl, e Grant, il nipote che il signor Edgeworth ha spinto sotto la sua ala dopo la morte del fratello. A lui sarà concesso il privilegio di ereditare la tenuta ed ogni bene. Forse.

Sin da subito, tra la profusione di dialoghi che caratterizzano il libro, notiamo come Duncan Edgeworth sia influente dentro la sua famiglia ed anche fuori. Un’immagine difficile da piegare e sicuramente molto sicuro di sé e delle sue scelte, tanto da non accettare risposte avverse o consigli sollecitanti. Capace di impuntare colpevolezza sugli altri con lo sguardo e atteggiamento impettito invece che su se stesso.

Lui si è comportato come un dio in terra, e noi come tale lo abbiamo trattato. Ecco cosa succede quando nessuno critica le tue azioni. Gli dèi vogliono solo essere idolatrati e ci riescono; è così che si assicurano il monopolio sulla saggezza.

E’ un imminente quanto sconcertante e imprevedibile lutto che mette in ginocchio la famiglia Edgeworth, spingendola di fronte alla difficoltà a mantenere ancora su di sé gli abiti di compostezza e decoro.

L’evento cambia ogni più piccola loro convinzione, lascia scoperti i visi e le orecchie, pronte ad ascoltare ogni diceria sul loro conto quando gli errori vengono compiuti e lasciati trapelare.

Ma qualunque cosa accada, l’importante è coprire tutto, lasciare che le maschere continuino ad ingannare la gente.



“Il capofamiglia” è un libro che va letto con massima attenzione e scrupolosità. E’ difficile districarsi tra i continui dialoghi, perché la narrazione avviene del tutto priva di caratterizzazioni dello spazio in cui i personaggi si muovono. E’ compito del lettore riuscire ad interpretare gli spostamenti, a sollecitare la propria immaginazione per un quadro più completo.

Può risultare difficile, lo ammetto, lo è stato anche per me all’inizio, ma poi il libro riesce comunque a far scivolare facilmente dentro la storia. Dentro una narrazione corale.

Perché tutto inizia con gli Edgeworth, ma con la regalità dello stile dell’Ottocento, attorno la famiglia si presentano gli amici e le loro storie.

Oltre ad una ben chiara rappresentazione del patriarcato, ho trovato predominante la figura della donna, quale servile fino all’estremo in certi casi, matura e sarcastica in altri ed anche capace di azioni vendicative ben lungi da accettare.

Ringrazio Fazi Editore e Cristina per l’invio della copia in cambio di un’onesta recensione🌻


274 letture

Valutazione

4

Trama

3.5/5

Stile

3.5/5

Personaggi

4.0/5

Copertina

5.0/5
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6

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